La non-interruzione della terapia cognitivo comportamentale è una delle misure fondamentali per il buon esito del trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare. In questo periodo l’emergenza Covid-19 ed il conseguente isolamento rende molto difficile far proseguire gli incontri terapeutici, ma la tecnologia per fortuna ci aiuta: la CBT-E è una terapia facilmente fruibile anche a distanza, grazie all’utilizzo di programmi come Skype o Zoom.

Questo rende sempre possibile continuare a seguire i pazienti e accogliere i nuovi.

Studi scientifici fatti in passato hanno dimostrato che la CBT-E a distanza dà risultati sovrapponibili con la terapia classica svolta di persona. Questo perché la terapia CBT-E si basa su colloqui fra terapeuta e paziente ed utilizza letture, schede di monitoraggio e test di valutazione dell’andamento che sono facilmente scambiabili per e-mail o via web. Inoltre, nella CBT-E gran parte del cambiamento che il paziente fa avviene fuori dalla seduta tramite l’applicazione di procedure nel suo quotidiano. La relazione fra terapeuta e paziente riesce a instaurarsi senza problemi e la differente modalità con cui avviene la comunicazione verbale è irrilevante.

Il principio fondamentale che è che sia garantita la riservatezza della seduta per il paziente così come per il terapeuta stesso. Entrambi devono essere in una camera soli, nessuno deve entrare e interrompere la seduta e non ci devono essere distrazioni: non si guarda il telefono, non si risponde a messaggi o chiamate, non ci si distrae con cane, gatto o altre cose presenti nella stanza.

La possibilità di fare la CBT-E in questa fase casalinga è importante anche perché l’isolamento sociale a cui siamo costretti può influenzare alcune caratteristiche tipiche dei DCA.

Chi è affetto da DCA tende già a isolarsi per evitare quelle situazioni che lo portano a concentrarsi ancora di più sul proprio peso, sulle forme del corpo e sul controllo dell’alimentazione, come l’uscire a cena con gli amici o il frequentare ambienti dove dover esporre il proprio corpo. In quarantena, il paziente può sentirsi da un lato sollevato visto l’obbligo di isolarsi, ma dall’altro si possono accentuare le preoccupazioni tipiche del disturbo.

L’essere sempre a casa può agire anche su altri aspetti del disturbo, per esempio le abbuffate possono aumentare poiché a casa ci sono scorte di cibo, le giornate non hanno una struttura precisa e ci si sente annoiati, o preoccupati per il Covid-19.

Anche la restrizione dietetica può accentuarsi perché a casa non si trova quel preciso cibo che rispetta le proprie regole dietetiche o la propria pianificazione; perché non si può uscire a correre e consumare quelle calorie che fanno tanta paura; o ancora, non è possibile mangiare perché si è preoccupati dal Covid-19, e le emozioni negative vengono compensate con il digiuno.

Visto che si è a casa e il tempo libero è tanto, questo periodo può diventare però un’ottima opportunità per concentrarsi maggiormente sulla CBT-E.

Tramite la CBT-E si interviene su questi meccanismi che stanno alla base del disturbo, così che le difficoltà legate allo stare a casa forzato possano essere convertite in opportunità per applicare al meglio le procedure e gestire il DCA, invece che accentuarlo.

Questo vale sia per i pazienti già in terapia che per coloro che sono affetti da un DCA  ma non lo hanno mai affrontato.

L’accentuarsi delle caratteristiche del disturbo e delle relative preoccupazioni a causa della permanenza forzata in casa può essere anche un’opportunità per i genitori di notare alcuni segni o sintomi di allarme dei DCA. Dato che il precoce riconoscimento e trattamento del disturbo è fondamentale per la guarigione, è molto importante che anche in questo momento chi scopre di essere in difficoltà possa chiedere aiuto senza aspettare la riapertura dell’ambulatorio.

Stiamo a casa, ma continuiamo a prenderci cura di noi e di chi ci sta intorno.